Vito Genovese


Vito Genovese
, detto anche «don Vitone» (Tufino, 21 novembre 1897 – Springfield, 14 febbraio 1969), è stato un mafioso italiano con cittadinanza statunitense, boss dell'omonima famiglia. Genovese è stato un collaboratore del boss Lucky Luciano, prese parte alla cosiddetta guerra castellammarese e aiutò a far crescere la potenza della Mafia a New York. Dopo la morte di Luciano, Genovese divenne il capo del clan, che prese il suo nome.
Conosciuto come il capo dei capi, Genovese è ritenuto il responsabile per l'estensione del traffico di eroina su scala internazionale. È considerato il mentore del boss Vincent Gigante.
Biografia
Infanzia

Vito Genovese nacque il 21 novembre del 1897 a Risigliano, frazione di Tufino, un piccolo comune dell'entroterra napoletano situato nell'area del nolano. Nel 1912 Genovese emigrò negli Stati Uniti d'America con la famiglia, stabilendosi prima nel Queens e poi a Little Italy, nel distretto di Manhattan; fu qui che si unì alle bande di «cumparielli» napoletani che imponevano con la violenza il pagamento della "protezione" e gestivano le lotterie illegali all'interno della comunità italiana. Nel 1917 Genovese venne arrestato per possesso illegale di arma da fuoco e condannato a due mesi di carcere.
Alleanza con Luciano
Durante il Proibizionismo, Genovese si unì alla banda del gangster Lucky Luciano, venendo coinvolto nello sfruttamento della prostituzione e nel contrabbando di alcolici e stupefacenti; Luciano era anche associato al mafioso siciliano Giuseppe "Joe" Masseria: nel 1930, come killer, Genovese uccise il boss Gaetano Reina per volere di Luciano, che aveva ricevuto l'ordine da Masseria stesso. Nel 1931 Luciano organizzò l'assassinio di Joe Masseria per porre fine alla cosiddetta «Guerra castellammarese»: Genovese faceva parte della squadra di killer che uccise Masseria mentre pranzava al ristorante Scarpato's a Coney Island.
La guerra Castellammarese
Dopo l'assassinio di Masseria, Luciano cercò la pace con Salvatore Maranzano, capo della fazione opposta, che si fece nominare «capo dei capi»; Maranzano però considerava pericoloso Luciano per via dei suoi stretti legami con gangster non-siciliani, specialmente con Genovese, che era spregiativamente detto «il napoletano» dai mafiosi siciliani; infatti Maranzano assunse il killer Vincent "Mad Dog" Coll per eliminare Luciano e Genovese. Il 10 settembre 1931 Maranzano convocò Luciano e Genovese nel suo ufficio a Park Avenue ma, al loro posto, si presentarono quattro killer ebrei travestiti da agenti del Fisco, i quali pugnalarono Maranzano e lo finirono a colpi di pistola: in realtà i killer ebrei erano stati assoldati dal gangster Meyer Lansky, membro della banda di Luciano.
L'omicidio Boccia e l'esilio in Italia
Dopo l'uccisione di Maranzano, Luciano creò una nuova «Famiglia» che sostituì quella di Joe Masseria, in cui Genovese fu nominato vicecapo mentre Frank Costello, l'altro luogotenente di Luciano, fu nominato "consigliere". Nel 1936 Luciano venne arrestato per sfruttamento della prostituzione e condannato dai trenta ai cinquant'anni di carcere: Genovese divenne così il nuovo capo effettivo della Famiglia e supervisore degli interessi di Luciano. Ma nel 1937 Genovese venne accusato di aver ordinato l'omicidio del gangster Ferdinando "Fred" Boccia, che era stato assassinato perché aveva preteso per sé una grossa somma che lui e Genovese, barando al gioco, avevano sottratto ad un commerciante; per evitare il processo, Genovese fuggì in Italia, dove si stabilì a Nola. Tramite le sue frequentazioni, conobbe alcuni gerarchi fascisti, finanziando anche la costruzione di una "Casa del Fascio" a Nola, inoltre si presume che Genovese fosse il rifornitore di cocaina di Galeazzo Ciano, il genero di Mussolini.
Il ritorno a New York
Nel 1943 Genovese venne scelto come aiutante e interprete dal colonnello americano Charles Poletti, capo degli affari civili del governo militare alleato di stanza nella Napoli liberata dai nazisti; fu in questo periodo che Genovese prosperò con il mercato nero di generi alimentari, grazie anche all'appoggio e alla corruzione delle autorità militari. Tuttavia nel 1945 la polizia militare alleata arrestò Genovese per contrabbando e lo estradò negli Stati Uniti perché ancora ricercato per l'omicidio del gangster Boccia; però nello stesso periodo Peter La Tempa, un testimone che aveva accusato Genovese dell'omicidio, venne avvelenato mentre si trovava in custodia protettiva e, per questo, le accuse decaddero: Genovese tornò in libertà l'11 giugno 1946.
La ricerca del potere
Dopo la scarcerazione, Genovese decise di ristabilire il suo dominio in seno alla Famiglia a svantaggio di Frank Costello, che era diventato boss effettivo dopo che Luciano era stato espulso dagli Stati Uniti; per queste ragioni, nel 1951 Genovese istigò la «Commissione» ad ordinare l'assassinio di Willie Moretti, il vicecapo di Costello il quale si diceva stesse parlando troppo dinanzi alla commissione d'inchiesta del senatore Estes Kefauver, violando il codice dell'omertà. Fu in questo periodo che Genovese si associò con Carlo Gambino, capodecina della Famiglia del boss Albert Anastasia: il loro scopo era quello di eliminare Costello e Anastasia per rilevarne le rispettive Famiglie.
Riunione di Apalachin e la prigione
Poco dopo il rilascio di Costello dal carcere nel 1957, Genovese inviò il suo soldato Vincent Gigante ad ucciderlo: il 2 maggio 1957 Gigante sparò a Costello, che però rimase ferito di striscio alla testa e si salvò, decidendo di ritirarsi e lasciare il posto a Genovese. Pochi mesi dopo, lui e Gambino ordinarono l'omicidio di Anastasia ed organizzarono un incontro ad Apalachin, nello Stato di New York, a cui parteciparono i rappresentanti di tutte le Famiglie degli Stati Uniti per discutere sulla successione di Genovese nel comando della Famiglia di Costello e di Gambino nel comando di quella di Anastasia, ma la riunione fu scoperta dalla polizia locale, che fermò parte dei partecipanti, compreso Genovese, che però venne rilasciato perché non vi era alcuna prova per trattenerlo.
Genovese, ottenuto il comando della Famiglia, scelse Gerardo "Jerry" Catena come vicecapo e Michele Miranda come consigliere; nel 1958 però Genovese venne arrestato per traffico di stupefacenti e il testimone principale dell'accusa era Nelson Cantellops, uno spacciatore portoricano che sosteneva di averlo incontrato per trattare l'acquisto di una partita di eroina: per questo motivo, Genovese fu condannato a quindici anni di carcere e trasferito nel penitenziario di Atlanta. Anche dalla prigione, Genovese continuò a gestire la sua Famiglia attraverso Catena e Miranda.
Nel 1962 Genovese ordinò dal carcere che il suo capodecina Anthony Strollo fosse fatto sparire e ucciso, poiché sospettava che avesse ordito un complotto che lo aveva fatto arrestare. Nello stesso periodo, Joe Valachi, un soldato di Genovese, finì pure nel penitenziario di Atlanta per traffico di stupefacenti, venendo accusato dai suoi compagni di essere un informatore della polizia; Valachi, dopo essere sopravvissuto a tre attentati alla sua vita in prigione, uccise un detenuto che credeva fosse stato mandato da Genovese ad ucciderlo. Condannato all'ergastolo per questo omicidio, Valachi decise di collaborare con la giustizia, testimoniando contro Genovese e l'intera organizzazione dinanzi a una commissione d'inchiesta e diventando così il primo mafioso italoamericano a collaborare con la giustizia.
La morte
Vito Genovese morì nel carcere di Springfield (Missouri) il 14 febbraio 1969, per un attacco di cuore all'età di 72 anni.

×
Rimani informato

Se ti iscrivi all'articolo, riceverai una e-mail per ogni aggiornamento

Joseph Bonanno
Antonio Spavone
 

Accettando accederai a un servizio inserito da una terza parte esterna a http://paninobrillantino.com/