Gianfranco Stevanin
Gianfranco Stevanin (Montagnana, 2 ottobre 1960) è un serial killer italiano, ritenuto colpevole dell'omicidio di sei donne nel 1994. Il suo caso ebbe grande risalto su molti media nazionali e sollevò un dibattito sulla questione dell'incapacità di intendere e volere.
Arresto
Il 16 novembre 1994, a Vicenza, Stevanin caricò nella sua Volvo 480 Gabriele Musger, una prostituta, alla quale offrì dei soldi per avere rapporti sessuali e per poterle scattare delle foto. Dopo ore di minacce, violenze sessuali e sevizie, la donna tentò la fuga attraverso la finestra di un bagno e, in seguito, cercò di opporsi a ulteriori violenze; Stevanin la minacciò ancora con un coltello. Per avere salva la vita, la Musger disse all'aggressore che gli avrebbe dato tutti i propri risparmi (circa 25 milioni di lire) se l'avesse lasciata andare, e Stevanin accettò; il denaro però si trovava a casa della Musger e quindi i due salirono in auto per andare a prenderlo. Al casello di Vicenza Ovest Stevanin fermò la macchina per pagare il pedaggio; in quel momento la donna riuscì a scendere dalla macchina per andare verso una volante della polizia e denunciare il suo aggressore. La polizia arrestò Stevanin per violenza sessuale, tentata estorsione e possesso di una pistola giocattolo priva del tappo rosso. In seguito a questo episodio, fu condannato a due anni e sei mesi di carcere.
Indagini
Durante le perquisizioni nella casa gli inquirenti trovarono materiale pornografico (tra cui oltre 7000 fotografie scattate personalmente da Stevanin alle sue partner), libri di anatomia, scatole contenenti peli pubici e uno schedario contenente le informazioni su tutte le sue partner. Sebbene la polizia considerasse Stevanin solo un maniaco accusato di violenza e tentata estorsione, gli inquirenti cominciarono a sospettare crimini più gravi dopo il ritrovamento di oggetti appartenenti a una donna di nome Biljana Pavlovic, di cui non si avevano più notizie dall'agosto 1994, e di Claudia Pulejo; le due ragazze inoltre erano citate negli schedari di Stevanin. L'uomo si giustificò dicendo di aver avuto con loro delle normali brevi relazioni e che i vestiti erano solo un pegno d'amore che le ragazze gli avevano lasciato.
Il 3 luglio 1995 un agricoltore di Terrazzo trovò in un terreno vicino alla casa di Stevanin un sacco contenente i resti di un cadavere. Stevanin venne sospettato di omicidio e il magistrato inviò delle ruspe per cercare altri corpi. Il 12 novembre 1995 venne ritrovato il corpo di un'altra donna; anche stavolta il corpo era stato avvolto in un sacco, ma in questa occasione il ritrovamento avvenne in un terreno di proprietà di Stevanin. Il test del DNA dimostrò inequivocabilmente che il corpo era quello di Biljana Pavlovic, una 25enne di origine serba che lavorava come cameriera in un ristorante. Il 1º dicembre 1995 venne ritrovato il terzo corpo, quello di Claudia Pulejo, una tossicodipendente di Verona.
Stevanin fu interrogato dagli inquirenti; a tratti sembrava ricordare qualcosa per poi ritrattare subito dopo, sostenendo di avere dei vuoti di memoria. A Stevanin furono attribuiti anche gli omicidi di una prostituta austriaca, Roswitha Adlassnig, presente nelle foto di Stevanin e nel suo schedario, di cui non si avevano notizie da mesi, e di un'altra donna mai identificata, fotografata durante un atto sessuale mentre era apparentemente priva di vita.
Il 24 settembre 1996 (dopo la parziale confessione di Stevanin) fu ritrovato nell'Adige un altro cadavere non identificato; anche questo delitto venne attribuito a Stevanin. Dopo l'esame del DNA, il cadavere venne riconosciuto come quello di Blazenca Smolijo, una prostituta di origine croata.
Confessione
Il 19 luglio 1996 Stevanin decise di confessare e affermò di aver smembrato i cadaveri di quattro donne, ma che l'omicidio delle ragazze non era premeditato: sarebbero morte durante rapporti sessuali estremi o, nel caso della Pulejo, per overdose di eroina. Riguardo al cadavere non identificato, sostenne che si trattava di una studentessa di cui non ricordava né nome né volto e disse di averla incontrata solo tre o quattro volte. Stevanin raccontò le sue confessioni affermando di aver agito come se non sapesse cosa stava facendo, come se si trattasse di sogni.
Processo
Dopo diverse sedute per una perizia psichiatrica Stevanin fu dichiarato processabile e capace di intendere e volere. Gli esperti affermarono che Stevanin era mentalmente capace, piuttosto intelligente (con un quoziente d'intelligenza di 114) e un abile calcolatore. I periti della difesa contestarono la perizia psichiatrica, affermando che tutti i disturbi di Gianfranco Stevanin fossero da ricondurre a un precedente incidente di moto che quasi gli costò la vita (stette a lungo in coma a seguito del trauma cranico riportato in quell'occasione).
Stevanin si presentò alle sedute con la testa rasata, per mostrare bene l'evidente cicatrice che testimoniava l'importante urto alla testa che, secondo la difesa, era alla base del suo comportamento violento. La prima sentenza della Corte d'Assise di Verona, il 28 gennaio 1998, condannò Gianfranco Stevanin all'ergastolo, di cui tre anni in totale isolamento diurno.
Nel gennaio 1999, Stevanin vendette la casa e tutti i terreni di proprietà per risarcire parzialmente le famiglie delle vittime.
Il 7 luglio 1999 la Corte d'assise d'appello di Venezia assolse l'imputato dall'accusa di omicidio perché incapace di intendere e volere e lo condannò a 10 anni e mezzo per occultamento e vilipendio di cadavere. La prima sezione della Corte di Cassazione di Roma annullò poi per «illogica motivazione» la sentenza, rinviando a una nuova sezione di appello il riesame del caso.
Nel dicembre del 2000, mentre si trovava rinchiuso nel manicomio giudiziario, fu gravemente ferito al collo da un colpo di lametta infertogli da un altro detenuto.
La sentenza definitiva arrivò il 23 marzo 2001: la Corte d'appello di Venezia dichiarò che Gianfranco Stevanin è in grado di intendere e volere, motivo per cui fu automaticamente confermata la condanna all'ergastolo. Anche la Corte di cassazione confermò l'ergastolo, respingendo le istanze della difesa.
È stato rinchiuso nel carcere di Sulmona, in Abruzzo, dove ha salvato la vita del suo compagno di cella che ha tentato il suicidio due volte. È stato successivamente trasferito al carcere di Opera e infine a quello di Bollate, dove sta scontando la pena.
Il 1º settembre 2010 dichiarò alla stampa di non ricordare niente degli omicidi e affermò l'intenzione di diventare frate francescano laico a causa anche della morte della madre, emulando così il caso avvenuto settant'anni prima, quando a diventare francescano fu Alessandro Serenelli, assassino di santa Maria Goretti.
Nell'ottobre 2020 il legale di Stevanin ha annunciato che presenterà istanze per una nuova perizia psichiatrica e la concessione di misure alternative alla detenzione in carcere.
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